Archive for the ‘quando le mani pizzicano’ Category

il dolore inciso a mano…….

25/05/2016

da qualche giorno ho ripreso a lavorare sul vetro e l’altro giorno, guardando il mio disegno apparire pian piano, ho focalizzato una cosa: il dolore è come l’incisore a mano per vetro!

civetta su vetro

l’incisore con la punta diamantata per il vetro ad ogni passaggio lascia un graffio e poi un altro e un altro ancora e più si passa più il vetro si fa bianco e più si infittiscono i solchi, fino a diventare un’unica patina bianca…..

ci sono dolori che man mano aumentano perché ogni loro passaggio, ogni nuova “scoperta” di un particolare di ciò che ti fa male, ti lascia un graffio sul cuore…. o ti fa mancare l’aria fino ad avere la sensazione di soffocare….

sul vetro si può ottenere lo stesso effetto passando direttamente l’acido o l’incisore elettrico, ma non è la stessa cosa, perché il bianco arriva tutto di botto, non ti rendi conto che sta succedendo, succede e basta…..

anche il dolore certe volte può arrivare all’improvviso e ferirti profondamente, come succede, per esempio, quando muore qualcuno che ami: va via e basta, così, senza preavviso, puff, finito……. ma non è la stessa cosa perché quando succede qualcosa che ti sconvolge di botto non puoi fermarti a riflettere ad ogni colpo, non hai nemmeno il tempo di capirlo che sta arrivando…. ti devi prendere il dolore bello e impacchettato,….

il dolore, il cuore non riesce a bucarlo, ma a trapassare l’anima, a lacerarla, si, ci riesce eccome…….….

mi chiedevo se a furia di incidere non si riesca a bucare il vetro con un semplice incisore a mano……

chissà…….

devo provarci…..

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A TE

26/05/2013

 

Non so perché…….. improvvisa la smania di disegnare il tuo volto….. prendo una lamina di bronzo e gli incisori……… uhm…. difficile con la memoria visiva riprodurre le tue sembianze, ho bisogno di averti davanti per riuscirci…. del resto, più di una volta sono stata capace di fermarmi a parlare con emeriti sconosciuti nella totale convinzione che fossero altri, o di non riconoscere zio Aldo, faccia a faccia; chiudo gli occhi, penso a mio figlio e non riesco a “vederlo”, figuriamoci se riesco a riprodurre te che non vedo da così tanto tempo…...per quanto possa essere “doloroso” ammetterlo, non riesco proprio a rivederti nella mente, meglio essere pratici! prendo una foto, un primo piano, lo scannerizzo, lo ridimensiono in modo che occupi tutto il foglio…….. ecco, sono pronta, riprendo gli incisori e comincio a riprodurre i tuoi lineamenti……… la tua immagine inizia a venir fuori da quella fredda lamina……. ho scelto il lato bronzo per dare un po’ di calore, ma……. accidenti, ho sbagliato! è così difficile rimediare ai difetti dello sbalzo……. ma perché riesco sempre a complicarmi la vita? una matita e una gomma no, eh?…… scelgo sempre tecniche in cui non si possono cancellare gli errori: l’incisione su vetro, su bronzo….. chissà perché…… eppure non ho mai pensato di essere infallibile, sono sempre pronta a dover rimediare ad un errore……. ah, ecco, forse è questo il nocciolo: quando incidi, gli errori non puoi cancellarli, puoi solo rimediare facendoli rientrare nel disegno….. be’, è più realistica come soluzione: nella vita non ce l’hai mica il tasto reset, se commetti un errore te lo porti dietro per tutta la vita, a meno che non riesca a camuffarlo al punto da renderlo invisibile…… già, invisibile……. ma solo agli altri, perché tu sai che c’è, te lo trovi sempre davanti e semmai lo vedi anche più grande di quello che è…… c’è poco da fare, per quanto possa sognare, giocare con la fantasia, la mia parte razionale ha sempre il sopravvento…… anche nella scelta di una tecnica grafica…… è un aspetto di me che  non posso combattere, non posso vincere: vivere con i piedi per terra…… essere razionali…….

e intanto il cuore fa un balzo: improvviso balena il ricordo delle rughe che ti solcavano la fronte quando la aggrottavi…….. quanti ricordi…… e quanto mi manchi………. un attimo e rivedo le tue folte sopracciglia…… sorrido, erano talmente lunghe da arricciarsi….. e che sguardo che avevi…. intenso più di  quello di Diabolik……. da piccola, colta sul fatto di una qualunque marachella, bastava che mi guardassi e mi bloccavo…… in verità funzionava così per tutti e quattro…… sorrido ancora, non posso non pensare a quella volta che io e Marina ci accorgemmo della tua presenza sulla porta e non avvertimmo Carola che continuava a buttare a terra di tutto per farci dispetto e quando se ne accorse, sorpresa dal nostro non reagire, si bloccò con quello che aveva in mano e, piccola com’era, sfidò il tuo “PIANTALA!” con un “dove sta?” e tu, già meno arrabbiato, COSA? e lei, con la vocina piccola più di lei,  ”la pianta…” …… quanto tempo che non ti abbraccio…….

accidenti, ma perché per quanto mi possa sforzare di riprodurti nei minimi dettagli questa lastra rimane una lastra e basta?…….. lascio cadere l’incisore, guardo la lastra: in effetti un po’ ti somiglia, ma chissà, forse dipende dal fatto che mi sei talmente dentro che riesco a vederti anche fra qualche tratto a malapena accennato…… osservo meglio, non è un capolavoro, ma si vede che sei tu……. ma sei freddo….. sei così freddo……. freddo  come l’ultima volta che ti ho baciato…… una lacrima scorre sul mio viso……. cosa credevo di fare? manco avessi potuto evocarti….. e mi perdo sconfitta nell’immagine che mi rimanda la foto: bello, solare…… e mi immergo nel ricordo di quando, bambina, ti stavo in braccio….. le tue braccia così muscolose e forti…. e pelose! :-) …. quanto mi piaceva giocare con i peli delle tue braccia…… e poi rivedo la secchezza delle tue braccia negli ultimi tempi……. ma la voglia di godere del tuo contatto è talmente forte da scacciare subito quel triste ricordo e mi viene in mente il tuo istintivo scansarti quando, bambina, pur sapendo che ti dava fastidio, cercavo di scompigliarti i capelli…… e poi penso a tutte le volte che ho pianto spaventata dall’idea che non saresti più tornato ogni volta che partivi per lavoro e mi rifugiavo tra le braccia di mamma chiedendole “mamma, ci coccoliamo un po’?” e lei, seduta in poltrona, mi teneva stretta e mi diceva che saresti tornato presto….. ed io aspettavo…… e tutto il mondo sapeva che io aspettavo, che non c’eri, che eri fuori, perché mi mancavi così tanto che lo dicevo a tutti…… aspettavo finché non bussavi alla porta, poggiavi la valigia sul letto e da lì cominciavi a tirar fuori tutte le novità che ci avevi portato dall’America per farci capire che anche quando eri lontano ci tenevi tutte nel tuo cuore e pensavi a noi…… ed io, dei tuoi lunghi viaggi, immaginavo solo i momenti in cui andavi nei negozi per comprarci qualcosa di speciale…….. come dimenticare la bambolina che faceva la pipì e lacrimava se le muovevi la gambetta o il braccino? o la cintura elastica per i libri che sfoggiavo orgogliosamente a scuola perché “me l’ha portata papà”?  ce l’ho ancora gelosamente conservata!…….

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io aspettavo e quando sentivamo il campanello era tutto un subbuglio, correvamo tutt’e tre verso la porta d’ingresso urlando PAPANIIIII!!!!!!! e ti abbracciavamo chi le gambe, chi in vita, impedendo a mamma di avvicinarsi anche lei, ed era un tripudio di gioia……

torno alla realtà……. adesso non serve più aspettare….. e forse nemmeno ricordare…… e mi rendo conto che in fondo tentando di dar vita al tuo viso sulla lamina di bronzo ho voluto che quella bambina tornasse per ritrovarti, ma ho rivissuto un dolore pazzesco: dover continuare nonostante la perdita, sapere di non potermi fermare……. il dolore del distacco da te….. sapere che la vita sarebbe andata avanti nonostante la tua assenza, il “per sempre mai più” arrivato per te, il dolore di doverti lasciare andare…… la consapevolezza di non poter più essere rassicurata dalla promessa di mamma che saresti tornato…… sensazione di impotenza……… mi arrendo, non posso far altro…… nonostante tutti gli anni trascorsi da quando sei andato via per sempre, tutto ho rivissuto ieri, ma non solo per te….. è altro che è andato via ieri…… via per sempre……. ti voglio bene papà…….

 

 

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